Oggi è il giorno del ricordo.
Oggi è il giorno in cui, settant’anni fa, è iniziata la più grande operazione aeronavale della Storia. Un’operazione che ha concluso, ma solo dopo un interminabile anno di sanguinosissimi combattimenti che l’hanno seguita, la più grande tragedia della Storia. Almeno in Europa.
Oggi è il giorno in cui, dopo cinque terribili anni di guerra, milioni di giovani – e in alcuni casi giovanissimi – hanno cominciato a scontrarsi e a scannarsi, per strapparsi un pezzo di terreno dopo l’altro, una goccia di sangue dopo l’altra, un morto dopo l’altro.
E’ stata lunga la strada dalla Normandia fino a Berlino. Lunga e irta di croci. Chi ha visto un cimitero militare in Normandia ha visto qualcosa che non potrà mai dimenticare e che lo accompagnerà nei suoi incubi peggiori tutti i giorni e le notti della sua vita. Come un sacrario ad El Alamein, o a Stalingrado, o alla Basovizza, o a Rotterdam, o a Coventry, o a Dresda, o a Hiroshima … Per noi, oggi, settant’anni dopo, quella tragedia è solo una pagina su un libro, o un film d’epoca, o una foto sbiadita, o un incubo in una notte agitata. Per milioni di persone è stata una tragica realtà.
Questo è il giorno il cui la Storia, la Grande Storia, bussa prepotentemente sulla nostra spalla, per cercare di farci voltare e guardare indietro, verso un passato lontano e ancora ben presente nella nostra libertà e prosperità. Libertà e prosperità che dobbiamo a quei ragazzi che, quel tragico giorno, non primo e non ultimo di una serie di tragici giorni, hanno perso tutto per regalare tutto a noi. Dovremmo ricordare quei volti, e rivederli uno a uno, anche al di là della nebbia del tempo, del ricordo che sfugge, della polvere che tutto ricopre. Dovremmo rivedere quei volti ogni volta che qualche essere solo apparentemente umano mette in pericolo la nostra libertà e la nostra pace per bassi e luridi interessi di bottega. Dovremmo tutti i giorni ascoltare il canto funebre di una intera generazione distrutta, che voleva solo – come tutte le generazioni – cantare inni alla vita e si è invece ritrovata muta ad ascoltare il frastuono allucinante e terribile dei cannoni, delle pallottole che fischiano, delle persone che urlano.
Non sapremo mai quanti Leonardo, Michelangelo, Bramante, Alighieri, Newton, Mozart, Goethe, Curie… una tragedia di tali proporzioni ha cancellato dalla faccia della Terra e dal futuro della Civiltà, togliendo loro forzatamente di mano il pennello, lo scalpello, la matita, la magia, per mettere loro in mano uno strumento capace di produrre una e una sola nota: ratatatà!
Fra tutte le date importanti della Storia, dovremmo forse scegliere quella che oggi si ricorda per marchiare a fuoco nella nostra anima il ricordo di un insegnamento che la Storia stessa, maestra di vita e – come tutti i maestri – inascoltata, oggi, come ieri, domani e sempre, cerca di inculcare nel nostro cuore. Nel ricordo di una moltitudine immensa di persone che hanno sacrificato qualunque cosa non solo per vincere una guerra e per terminare uno scontro che altrimenti sarebbe proseguito fra i loro figli, ma anche per salvare dalla distruzione totale un intero continente, una Civiltà, fatta di libri, manoscritti, opere d’arte, chiese, palazzi, sinagoghe, idee, persone.
Una civiltà millenaria che abbiamo rischiato di perdere, e che abbiamo invece guadagnato grazie a una generazione perduta. Non dimentichiamolo.
Non dimentichiamoli.
Oggi, 6 giugno 1944.
IlSecoloXIX – 7 Giugno 2014